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Formulazioni ricorrenti riferite a personaggi o altri elementi di opere letterarie

Avviene in casi abbastanza frequenti soprattutto nella letteratura per ragazzi, ma non solo, che un insieme di monografie presenti, nella posizione di un titolo, il nome del protagonista (ad esempio Isadora Moon) o anche di un luogo o di altri elementi centrali nelle opere contenute (ad esempio “Le leggende della terra zyx”, “Il regno dei maghi” ecc. ecc.).

Queste formulazioni creano difficoltà di trattamento perché:

  1. sono in grande evidenza, quindi non si possono ignorare
  2. ricorrono regolarmente
  3. sono importanti per la ricerca, quindi non basta citarle in nota
  4. non sono grammaticalmente legate al titolo specifico, per cui non danno luogo ad un titolo unico
  5. difficilmente si possono interpretare come collane (manca la numerazione, la presentazione non è quella tipica delle collane)
  6. non indicano un’opera unitaria pubblicata in più unità fisiche con titolo significativo, perché ogni pubblicazione contiene un’opera autonoma, anche se collegata alle altre.

Spesso vengono trattate riportando l’elemento comune come titolo proprio e quello specifico come complemento del titolo, ma probabilmente la soluzione più precisa e corretta – anche se poco utilizzata – è quella di ricorrere a titolo comune e titolo dipendente, come si vede in questo esempio (http://id.sbn.it/bid/LO11699922)

Isadora Moon. Gita scolastica / Harriet Muncaster ; traduzione dall’inglese: Maria Roberta Cattano. – Milano : De Agostini, 2018. – 116 p. : ill. ; 20 cm. – [ISBN] 978-88-511-5331-1.

Il riferimento alle regole è Reicat 4.1.1.3, dove il caso che ci interessa è quello del “titolo comune a più pubblicazioni connesse”. Tra gli esempi, ce n’è uno che si riferisce particolarmente a questo caso, quello di “Elementare papero”.

C’è comunque anche una certa difficoltà delle regole a trattare adeguatamente la situazione, se bisogna ricorrere ad una soluzione che si applica a molti casi piuttosto eterogenei. Io penso che la difficoltà derivi dal fatto che formulazioni di questo genere da una parte si presentano come puramente descrittive, dall’altra sono invece una informazione sul contenuto (come dire: “guarda che questo libro ha come protagonista Isadora Moon”).

Usare l’uno o l’altro tipo di descrizione ha poco effetto per le ricerche comuni, perché la gente non si pone questi problemi, cerca Isadora Moon insieme a qualche altra parola (ad esempio “isadora moon gita”) e trova il libro mentre la differenza può essere rilevante per elaborazioni automatiche (LOD, fusione di cataloghi).

Resta il problema del titolo dell’opera (titolo uniforme). Nell’esempio di Isadora Moon non c’è difficoltà perché il titolo in lingua originale è composto da un’unica espressione (in questo caso particolare è  Isadora Moon goes on a school trip), ma ovviamente questo è solo un caso fortunato. Le regole sul titolo dipendente nel titolo sono più restrittive di quelle che ci sono per la descrizione, quindi mi pare che si debba applicare Reicat 9.1.4.4: si assegna il titolo specifico, con rinvio dalla forma composta.

Titoli delle opere contenute in una raccolta

Alcuni bibliotecari si sono giustamente chiesti in che modo rendere ricercabile il titolo della singola opera contenuta in una raccolta con titolo d’insieme.

Per rispondere, facciamo innanzitutto un ripasso di terminologia: il titolo riportato sulla pubblicazione si chiama titolo d’insieme, mentre titolo di raggruppamento è una vecchia denominazione, che non andrebbe più usata, per quello che adesso si chiama titolo uniforme ed ha la funzione di identificare un’opera (mentre la precedente denominazione faceva piuttosto riferimento al raggruppamento delle schede nel catalogo cartaceo).

Le raccolte di opere preesistenti con titolo d’insieme si differenziano perché alcune presentano sul frontespizio l’elenco delle opere contenute, mentre altre non lo hanno.

Nel secondo caso è evidente che l’elenco delle opere non si può mettere nell’area del titolo ma solo nella nota di contenuto, il primo è disciplinato dal paragrafo 4.1.1.4 delle Reicat (http://norme.iccu.sbn.it/index.php?title=Reicat/Parte_I/Capitolo_4/4.1/4.1.1#4.1.1.4 – c’è anche il paragrafo M1A.4 della bozza della nuova guida SBN che dice sostanzialmente la stessa cosa):

Se la pubblicazione contiene più opere o parti di opere preesistenti (degli stessi autori o di autori diversi o anonime) e la fonte primaria reca sia un titolo d’insieme sia i titoli delle opere contenute (o di alcune di esse) si riporta di norma solo il titolo d’insieme. I titoli delle opere contenute si riportano o segnalano in una nota di contenuto (par. 4.7.1.8 A); sono però riportati come complemento del titolo quando sono compresi in una formulazione discorsiva o comunque la loro omissione nuocerebbe alla chiarezza della descrizione (par. 4.1.2.1 B, punto d).

E’ chiaro quindi che, tranne in casi particolari, non si può inserire l’elenco delle opere nell’area 1. Si può fare la nota di contenuto, che però non è ricercabile in SbnWeb e quasi mai negli opac.

Questo per quanto riguarda la descrizione, che come si vede non offre molte possibilità per rendere possibile la ricerca.

La soluzione del problema viene dalla gestione dei legami, e in particolare di quelli tra una raccolta di opere preesistenti e le opere contenute, trattata nel paragrafo 12.4.1 delle Reicat (http://norme.iccu.sbn.it/index.php?title=Reicat/Parte_II/Capitolo_12/12.4/12.4.1), mentre nella bozza della nuova Guida manca ancora la parte sui legami.

Le singole opere contenute vengono segnalate tramite il loro titolo uniforme (natura A) che va legato al titolo M (quindi legame M9A) della raccolta (che se ha un titolo significativo avrà anche un suo specifico titolo uniforme).

In sintesi il criterio è questo: il t.u. per le opere contenute è obbligatorio solo nei casi espressamente citati nella norma, ma è sempre consentito, quindi la biblioteca può inserire tutti quelli che ritiene utili.

Il t.u. va formulato in lingua originale, ma la forma italiana si può registrare come variante del titolo, ossia come titolo D legato al titolo A.

Lo schema sarebbe quindi il seguente:

TITOLO M

Legato a TITOLO A

Legato a TITOLO D

Molti di questi titoli uniformi, anche se non tutti, sono già presenti, soprattutto se si tratta di opere pubblicate anche autonomamente. Non è detto però che ci sia sempre il titolo D collegato.

Ci sarebbe anche un’altra possibilità, cioè l’uso del titolo analitico (spoglio, natura N), anche se le Reicat hanno poca simpatia per questo tipo di titolo. In base ai criteri generali però lo spoglio andrebbe a sua volta legato al titolo uniforme, per cui si ha una complicazione in più. Questo tipo di trattamento è esplicitato nella Guida alla catalogazione della musica in SBN, che dice di usarlo se necessario per riportare informazioni descrittive importanti, cosa che però succede soprattutto per le registrazioni musicali e la musica in genere, più difficilmente per i testi. Vedremo che cosa dirà la Guida generale quando finalmente sarà stata completata.

Nell’insieme, la soluzione più “economica” è quella di legare il t.u. al titolo base della raccolta. Ancora più economico sarebbe creare solo lo spoglio senza t.u., che è molto semplice perché comprende solo l’area 1 e l’indicazione della paginazione (nel senso di pagine in cui è contenuta l’opera) da inserire in nota al legame, ma ciò sarebbe al di fuori delle indicazioni delle Reicat (http://norme.iccu.sbn.it/index.php?title=Reicat/Parte_II/Capitolo_9/9.0/9.0.3) anche se nella pratica spesso succede e in una biblioteca molto piccola e con poche risorse per catalogare secondo me sarebbe certamente tollerabile (anche su questo vedremo che cosa dirà la nuova Guida).

Infine, ci si può chiedere se sia il caso di fare anche la nota di contenuto oltre ai legami ai t.u. (ammesso di averne tempo e voglia). Le regole, per quello che ho trovato, non dicono niente, quindi la cosa è rimessa alla valutazione del catalogatore. La nota di contenuto ha una sua utilità non per la ricerca, ma per l’informazione immediata che dà a chi ha trovato i libro, senza obbligarlo ad esaminare i legami (peraltro se sia agevole o no esaminare i legami dipende soprattutto da come l’opac presenta i dati all’utente), però è anche abbastanza onerosa da compilare quindi la scelta di non farla sarebbe certamente comprensibile. A volte può essere utile anche solo una nota sintetica che dà informazioni sul contenuto ma non elenca i singoli titoli (ad esempio “Contiene 7 racconti pubblicati tra il 1978 e il 1985”).

Infilare ugualmente “a forza” in area 1 i titoli contenuti, presentandoli come complementi del titolo o con altri artifici per lo più ancora peggiori, invece è cosa da evitare, anche se materialmente possibile, perché fuori dalle regole e quindi non accettabile in un catalogo collettivo (è una di quelle soluzioni personalizzate che potevano andare quando le biblioteche avevano ciascuno il loro catalogo indipendente).

 

Titoli uniformi vietati?

Continuano ad esserci dubbi se in SBN siano ammissibili i titoli uniformi per le opere pubblicate in lingua originale.

Il dubbio non deriva dalle REICAT, ma dalla circolare ICCU del febbraio 2010 sull’applicazione delle Reicat in SBN.

Abbiamo già trattato il problema in questo articolo del 2012, che a mio parere continua ad essere perfettamente valido e che quindi consiglio di leggere: in sintesi, la circolare, per facilitare l’applicazione delle Reicat prevede non siano obbligatori i titoli uniformi per le opere in lingua originale, ma l’articolo argomenta che non obbligatorio non vuol dire vietato ma vuol dire facoltativo, e che inserire i titoli uniformi è non solo permesso ma anche consigliabile.

Qui aggiungo che il consiglio va visto nel nostro contesto: nel nostro polo non facciamo record di autorità, quindi il titolo uniforme verrà inserito se ciò è possibile con un sforzo ragionevole in rapporto ai mezzi e al tempo a disposizione.

Titoli analitici e titoli uniformi: proviamo a fare il punto

Provo a fare il punto sulla situazione catalografica quanto a trattamento di titoli analitici e titoli uniformi, perché dalla pubblicazione delle REICAT in poi c’è stata una certa evoluzione, e non a caso alcuni hanno notato la differenza tra  questo post del blog apparso nel 2010 e questo documento del 2013.

Non si può dare un quadro definitivo dell’argomento perché le norme catalografiche sono in evoluzione, l’ICCU sull’apposito sito non ha ancora pubblicato la parte relativa ai legami titolo, e neppure, per quanto mi risulta, ha anticipato la soluzione che verrà prevista. L’unica cosa che si può fare è provare a sintetizzare quello che è attualmente noto, in modo da ricavarne indicazioni pratiche sul modo di procedere quando si cataloga:

  1. Le REICAT hanno scarsa simpatia per i titoli analitici, benché non li proibiscano, e preferiscono di gran lunga i titoli uniformi per le opere contenute in una pubblicazione. Non prevedono la distinzione tra N e T, e secondo me fanno bene perché è una distinzione troppo sottile e di scarso interesse per gli utenti (che un contributo si presenti come contenuto aggiuntivo rispetto a quello principale si può evidenziare in descrizione, se necessario)
  2. La risposta data dall’ICCU nel 2010 di cui veniva riferito nell’articolo sopra citato rifletteva sostanzialmente questo orientamento restrittivo
  3. La Guida musica però, apparsa nel 2012, ha una posizione diversa, e secondo me con ragione: nella musica, e specialmente nelle registrazioni l’argomento ha importanza particolare importanza perché le raccolte sono frequentissime e spesso contengono un numero molto elevato di opere. La Guida non prevede i T ma rivaluta gli N per evitare che si perdano elementi descrittivi importanti. Un esempio tipico è una raccolta di registrazioni che contiene esecutori diversi per le diverse opere: se non si fanno i titoli analitici, non potendosi legare gli esecutori ai t.u., essi andrebbero legati tutti al titolo base, ma risulterebbe poco chiaro chi esegue cosa, e a volerlo spiegare in descrizione si rischierebbe di fare descrizioni pesantissime. Il titolo analitico invece permette di registrare l’informazione in modo chiaro e immediatamente comprensibile. I titoli uniformi in questo caso si legano ai titoli N e non al titolo base (al quale si lega un eventuale titolo per la raccolta). Se invece non si fanno gli N, che non sono obbligatori (e a volte sono certamente superflui) si legano tutti i t.u. al titolo base. Il t.u. per gli N è obbligatorio, secondo il principio generale.
  4. Queste regole mi sembrano sensate e facilmente applicabili a tutti i tipi di documenti
  5. Nelle bozze della nuova Guida però ricompare il titolo T, ma siccome manca la parte sui legami non si sa quale uso voglia farne l’ICCU: può anche darsi che sia previsto solo per compatibilità col pregresso con la raccomandazione di non usarlo, oppure che venga eliminato nella versione definitiva, però finora non lo sappiamo, come non sappiamo i criteri per l’uso degli N
  6. Vista l’incertezza, secondo me la conclusione è che sia ragionevole seguire il criterio che risulta dalla Guida musica

 

Nuovo uso dei titoli di natura B

Con la versione di SbnWeb del 18.4.2016 diventa possibile il nuovo trattamento dei titoli B, recentemente definito dall’ICCU.

Come si sa, un tempo la natura B era utilizzata per titoli di raggruppamento (cioè titoli uniformi) non verificati su fonti esterne. Con l’adozione delle REICAT tutti i titoli uniformi devono essere di natura A, per cui la natura B in quel senso non ha più alcun ruolo. Rimanevano naturalmente molti titoli di natura B creati in precedenza, e qualcuno che continuava a venire creato abusivamente, anche se erano sempre meno.

Recentemente però l’ICCU ha deciso di riciclare questa natura per indicare il titolo di una traduzione intermedia, da utilizzare quando una traduzione non è basata sull’opera in lingua originale ma su un’altra traduzione (qui il testo integrale dell’ICCU). Il codice di lingua è diventato obbligatorio, poiché ora il titolo si riferisce ad una specifica versione linguistica di un’opera.

Per consentire l’uso della natura B in questo nuovo significato i vecchi titoli B sono stati convertiti in A, e i legami 06 sono stati convertiti in legami 09.

Pertanto d’ora in poi:

  • non dovranno assolutamente essere creati titoli uniformi con la natura B (questo valeva già prima, ma ora a maggior ragione)
  • cercando un titolo uniforme basterà cercarlo come natura A
  • la natura B potrà essere utilizzata esclusivamente in questa nuova accezione

 

Naturalmente questo legame non è obbligatorio, ed è applicabile solo quando si sa con certezza che il documento oggetto di catalogazione è una traduzione basata su un’altra traduzione, della quale si conosce il titolo. E’ necessario inoltre che si sappia qual è la lingua di questa traduzione, visto che il codice di lingua è obbligatorio.

E’ evidente che non si creerà il legame se le informazioni sono incerte.

Il caso è uno di quelli trattati nelle REICAT al paragrafo 4.7.1.3, che ne parla con riferimento alle note, mentre qui l’informazione è trattata come un legame.

Poiché si tratta di un dato descrittivo, mi pare che si debba concludere che si indica il titolo della particolare traduzione su cui è stata condotta quella che si cataloga, e anzi quando possibile il titolo della particolare edizione utilizzata (nel caso in cui la traduzione intermedia sia stata pubblicata con titoli diversi).

Modifica del numero di sequenza nelle descrizioni a livelli

Alcuni hanno segnalato un problema con le descrizioni a livelli, che in realtà è solo apparente: nei titoli inferiori (titolo di arrivo di un legame 51) non si riesce a modificare il numero di sequenza che appare in uno dei campi in alto nella pagina che contiene la descrizione e i campi ad essa pertinenti.

Il motivo è che quel dato viene visualizzato in quella pagina per comodità, ma in realtà non è un elemento della descrizione, bensì un attributo del legame, quindi per modificarlo bisogna andare non in Varia descrizione ma in Varia legame.

Ovviamente non ci sono problemi particolari per modificare il numero di sequenza che si trova all’inizio della descrizione.

Il numero di sequenza della collocazione si gestisce invece dai dati di inventario e di collocazione.

 

Titolo uniforme dei periodici

Il titolo uniforme dei periodici è un argomento che sembra ad alcuni un po’ misterioso, anche perché in realtà non c’è niente di particolare da dire.

Le REICAT non danno specifiche indicazioni, il che vuol dire – almeno in attesa di vedere che cosa prevederà la nuova Guida alla catalogazione in SBN – che quel titolo uniforme si tratta come tutti gli altri, ossia si lega a tutte le manifestazioni del periodico inteso come opera, e quindi evidentemente a tutte le edizioni del periodico sotto qualsiasi forma, ad esempio a stampa o elettroniche, e alle ristampe in forma di monografia, anche se avessero un titolo diverso.

In base alla Guida SBN del 1995 (p. 171) il titolo uniforme del periodico corrisponde al titolo chiave ISDS, assegnato dall’International Serials Data System, che attualmente si identifica con l’ISSN International Center. Lo scopo di questo titolo infatti è proprio quello di identificare univocamente un periodico. Dalla Guida risulterebbe anche che questo è l’unico titolo uniforme applicabile ai periodici, perché nel capitolo sul Titolo di raggruppamento (p. 172) non viene citato il legame S9A. Tuttavia oggi, nel contesto delle REICAT che non prevedono questo limite, tale previsione mi sembra decisamente superata (salvo vedere che cosa dirà in merito la nuova guida).

Poiché il titolo può variare nel corso della vita del periodico, bisogna cercare di capire, nei limiti del possibile, quale sia quello più rappresentativo e non senz’altro prendere quello del numero che si ha in mano, che potrebbe essere una variante raramente utilizzata. Se c’è un dubbio serio è meglio non creare il t.u.

Titoli di natura R (raccolte fattizie)

Da qualche tempo in SbnWeb è possibile trattare le cosiddette raccolte fattizie.

Citando dalla documentazione del programma:

E’ stata implementata la gestione della Raccolta fattizia con definizione di una  nuova natura ‘R’, con gestione e visibilità nel reticolo per la sola biblioteca che l’ha creata e caratteristiche analoghe a quelle di un titolo di collocazione cui è possibile legare (M1R) documenti condivisi o solo locali.

Si tratta delle raccolte non pubblicate di cui al paragrafo 6.0.5 delle REICAT (che non usano l’espressione raccolte fattizie), che le definiscono come

collezioni di qualsiasi genere (purché realizzate in un unico esemplare o comunque non pubblicate nel loro insieme) di documenti non pubblicati e/o pubblicati, sia non descritti individualmente sia descritti individualmente

Esempi di queste raccolte potrebbero essere: faldoni con ritagli di giornale su qualche tematica (di interesse locale, o riguardanti le attività e le vicende della biblioteca ecc. ecc.), album con cartoline o fotografie, “assembleggi” di contenuti diversi, preesistenti e non, per realizzare una narrazione o comunque un’opera unitaria e molte altre cose.

La bozza della nuova Guida alla catalogazione in SBN di ottobre 2013 non cita ancora questa natura R, non so se si prevede di integrarla o se si tratti di una soluzione concepita come puramente locale o addirittura limitata ad SbnWeb. Io spero che l’argomento venga inserito nella guida per assicurare uniformità di trattamento e supportare eventuale sviluppi futuri.

Come si capisce facilmente infatti la soluzione adottata è veramente minimale: i titoli R non solo non vanno in indice, ma anche in polo sono visibili solo alla biblioteca che li ha creati, e per di più abbiamo verificato che non vengono esportati in Unimarc e di conseguenza non vanno in opac.

La loro utilità quindi è estremamente limitata perché non sono visibili né dal pubblico né dalle altre biblioteche, ma possono usarli, per darne informazione agli utenti, solo i bibliotecari della biblioteca che li ha creati.

Questo è un peccato, perché si tratta di documenti di difficile reperimento, per cui bisognerebbe fare in modo da farli conoscere il più possibile (anzi, secondo me dovrebbero andare anche in indice proprio per questo motivo, anche se non servono per essere catturati trattandosi quasi sempre di pezzi unici).

Non ho notizie certe in merito, ma penso che questo criterio così restrittivo sia stato adottato per risolvere un problema non banale che questi titoli pongono: essi possono essere legati ai componenti della raccolta, i quali a loro volta possono essere anche documenti pubblicati. Se si creasse un legame secondo i criteri normali, quei documenti pubblicati apparirebbero sempre come parte della raccolta, quando invece questo riguarda solo qualche particolare copia.

La vera soluzione sarebbe collegare il legame alla copia, come avviene coi possessori, oppure mantenerlo in gestione bibliografica ma distinguerlo con opportuni attributi. Questo avrebbe richiesto interventi di sviluppo di un certo peso, quindi si può pensare che limitare la visibilità del titolo sia risultata una soluzione più rapida e meno costosa. Non so però, non avendo ancora verificato nella pratica, come la biblioteca interessata vede questi legami.

Le REICAT prevedono anche la possibilità di fare una descrizione a livelli per eventuali suddivisioni interne della raccolta non pubblicata, ma per ora in SBN questo non è possibile perché richiederebbe un legame R51R o R1R che non è previsto.

Comunque è un fatto positivo che almeno ora sia stato espressamente previsto questo tipo di documenti, ed è certamente opportuno sfruttare questa possibilità inserendo i relativi dati, che forse in futuro potranno avere un uso più ampio di quello che hanno ora. Assolutamente da evitare è invece, per motivi che dovrebbero essere evidenti per tutti, ignorare la natura R e catalogare le raccolte non pubblicate come M.

In polo ci sono finora solo 3 titoli R (più altri cancellati), privi di posseduto e forse creati per prova o per errore (la descrizione contiene pochi dati, e almeno un paio di questi titoli sembrerebbero riferirsi a collane, cosa che non sarebbe ammissibile in alcun modo).

Codice tipo materiale coi titoli uniformi

Un catalogatore ha notato che SbnWeb propone il menu di scelta del codice di tipo materiale (moderno, antico, musica, grafica, cartografia) anche nella creazione dei titoli uniformi, e si è giustamente chiesto che senso abbia applicare tali codici a questo tipo di titolo.

A prima vista si può osservare che il codice può essere sensato per musica, grafica e cartografia, perché si tratta di caratteristiche intrinseche di un’opera (se un’opera è una composizione musicale o un disegno, sarà sempre tale, altrimenti si tratterebbe di un’altra opera, ad esempio di una poesia ispirata ad un disegno, o di un disegno ispirato ad una composizione), mentre non si capisce che cosa c’entri col titolo uniforme il concetto di moderno e antico, che palesemente si applica alle edizioni (manifestazioni nella terminologia FRBR).

Abbiamo fatto alcune prove, da cui abbiamo constatato che in effetti questi due ultimi codici vengono ignorati qualche che sia la scelta che fa il catalogatore in sede di creazione.

Per capirci di più, abbiamo chiesto chiarimenti a Gabriella Contardi dell’ICCU che, disponibile come sempre, ci ha risposto che l’unico codice di cui viene tenuto conto è U = musica.

Il motivo è il seguente: il titolo uniforme musicale, se è generato da un utente che non gestisce le specificità della Musica (come avviene con tutti gli applicativi di vecchia generazione e anche alcuni dei nuovi), consiste nella semplice stringa titolo. Se invece è creato da qualcuno che gestisce le specificità della Musica (come noi con SbnWeb), il t.u. musicale non viene immesso come stringa ma ricostruito automaticamente dal sistema in base ad un algoritmo che “compone” in una stringa le informazioni inserite nei singoli campi presentati dall’applicativo, e corrispondenti ai diversi elementi che costituiscono questo titolo (per esempio designazione, tonalità, numerazione ecc.).
A chi non gestisce le specificità l’indice restituisce quindi la sola stringa ricomposta, agli altri invece restituisce i singoli campi. Il problema era: come fare ad impedire che qualcuno, che non gestisce le specificità della Musica, modifichi la stringa “bruciando” il contenuto dei campetti? La soluzione è stata quella di applicare il tipo materiale al titolo uniforme.

Se un t.u. è identificato come musicale tramite il codice di genere, l’indice ne impedisce la modifica a chi non gestisce i campi specifici della musica.

Di per sé quindi per il titolo uniforme dovrebbe esserci solo la possibilità di indicare come tipo di materiale Musica o nulla. Il fatto che venga proposto il menu con tutti i tipi di materiali è solo una caratteristica del programma che non ha alcun effetto pratico, perché le scelte diverse da U vengono ignorate.

Non mi pare che finora questo fatto abbia causato particolari dubbi o problemi, però è bene sapere come stanno le cose.

Titoli D legati ai titoli uniformi

I titoli D da legare ai titoli uniformi non seguono la stessa casistica che si ha per quelli da legare agli M o agli S.

Ci sono infatti situazioni che evidentemente non possono ricorrere per un’opera ma solo per una manifestazione: titoli ricavati da parti del documento diverse dalla fonte primaria, formulazioni presenti sulla fonte primaria che potrebbero essere interpretate come titoli ma non sono state scelte come titolo proprio.

Mi sembra quindi che rimangano due casi:

  1. sviluppo di sigle e numerali
  2. titoli sotto i quali l’opera è conosciuta, non adottati come titolo uniforme ma ritenuti utili per l’accesso; questo secondo caso può essere abbastanza ampio, ed in particolare può includere titoli di particolari edizioni se ritenuti importanti per l’accesso all’opera; c’è quindi un certo margine per il giudizio del catalogatore, tenendo presente che non è il caso di fare un D per ogni titolo di particolari edizioni diverso dal titolo uniforme: si può fare a meno di creare la variante per il titolo di una singola edizione priva di particolare rilievo, però può essere utile farlo per il titolo presente anche in una edizione sola ma importante (ad esempio la prima edizione, oppure una edizione di grande successo), e ovviamente a maggior ragione per un titolo utilizzato in numerose edizioni, come anche per un titolo in uso fino ad un certo periodo e poi abbandonato (su questo si veda REICAT 9.6.1 e il capitolo 13, un capitolo costituito da una sola pagina).

 

Cattura titoli di natura D

Un vecchio problema che si pongono i catalogatori e che nelle regole ufficiali non è affrontato è se si possano catturare titoli di natura D legati ad altre notizie, o se essi siano da considerare intrinsecamente legati all’edizione per la quale sono stati creati.

Qui non  vorrei mettermi io a formulare un insieme di regole sistematiche che non ci sono nei manuali ufficiali (vedremo se la nuova Guida SBN dirà qualcosa), ma solo provare a dare qualche idea che possa essere utile ai catalogatori.

Per la verità, lo stesso problema si potrebbe porre anche per i P e i T, ma in questi casi mi sembra più facile da risolvere generalmente in senso negativo, perché per questi titoli è evidente il legame con la specifica edizione: al massimo si potrebbero riutilizzare per edizioni che fanno parte di una stessa serie (prima, seconda, terza edizione ecc.), ovviamente se si presentano identici in tutte le edizioni (mi pare invece che il problema non si presenti per gli N, che corrispondono a tutti gli effetti ad una manifestazione, quindi non vanno catturati anche se lo stesso articolo appare in diverse pubblicazioni).

I titoli D invece hanno identità un po’ meno definita, quindi mi pare che per loro il problema sia più avvertito.

Poiché questi titoli sono dati descrittivi e non elementi controllati di accesso come i titoli uniformi, è chiaro che anch’essi derivano da una specifica edizione, per cui non si può assumere come criterio generale quello di catturarli.

Si consideri che nell’opac l’effetto della ricerca per un tale titolo è quello di produrre una lista registrazioni (eventualmente anche una sola registrazione) in cui esso appare, quindi tale lista non può essere troppo eterogenea, altrimenti l’utente rischia di non comprenderne il rapporto con la ricerca effettuata, e comunque deve perdere tempo per selezionare il materiale.

In particolare, a mio parere non si devono assolutamente catturare titoli D materialmente uguali a quello che serve ma creati per edizioni di altre opere, perché questo potrebbe far pensare a qualche rapporto tra tali opere od edizioni che in realtà non esiste, e l’uguaglianza dei titoli è del tutto casuale.

Il caso opposto invece è quello di un titolo D uguale per il titolo uniforme di un’opera e per una o più edizioni della stessa opera: in questo caso mi pare che duplicare il D possa portare più confusione che utilità, per cui sarebbe legittimo utilizzare la stessa notizia. Questo vale se tale titolo è riportato sul documento, poiché altrimenti andrà legato al solo titolo uniforme. Viceversa, potrebbe esserci un D da legare al titolo proprio ma non al titolo uniforme, come può avvenire per varianti scarsamente attestate nelle edizioni e giudicate irrilevanti come elementi di accesso all’opera.

Quando un possibile titolo D si ripete uguale in numerose pubblicazioni, bisogna anche valutare se non possa trattarsi di un titolo di collezione, specialmente se è associato ad una numerazione.

A proposito dei titoli D legati ai titoli uniformi, se non c’è dubbio che possano e debbano essere fatti, è anche vero che per ora negli opac il loro trattamento sarà spesso ben lontano dall’ideale: basti pensare che il campo unimarc 500, che contiene il titolo uniforme e non è un record autonomo ma un campo del record base, non prevede il dato per cui non si potrebbe neppure passarlo all’opac in questo modo.

Se qualcuno ha commenti o proposte sull’argomento si faccia avanti.

Due dubbi sulla catalogazione a livelli dell’antico

Alcuni catalogatori hanno posto due interessanti quesiti sulla catalogazione a livelli dell’antico, ai quali sono state trovate le risposte riportate qui di seguito.

1. Il legame al luogo dai titoli inferiori antichi deve essere sempre fatto, anche quando il luogo è uguale a quello del livello superiore?

La Guida SBN antico dice semplicemente che questo legame si applica alle notizie M e W, per cui sembra implicito che esso si applichi anche alle inferiori.

Le REICAT ne parlano solo in termini generici e la circolare ICCU del 2010 sull’applicazione della REICAT in SBN non dice niente, quindi da queste fonti non si possono dedurre indicazioni differenti.

Anche nel Manuale Sapori non ci sono riferimenti espliciti per cui abbiamo chiesto un parere alla stessa Giuliana Sapori, che ha risposto di non aver mai avuto dubbi che il legame con il luogo sia da fare in ogni caso. La vecchia guida, quando il luogo era ancora un campo della Carta d’identità e non un legame, lo prescriveva per tutte le notizie M e W. Il luogo era considerato una caratteristica che distingueva il documento, alla pari della lingua o del paese. Quando è divenuto un legame non sono stati esplicitati cambiamenti nei criteri in base a cui il dato si riporta.

Direi quindi che non c’è dubbio che ci si debba attenere a quanto indicato, cioè: il legame al luogo nelle notizie antiche inferiori si riporta sempre.

Da parte mia aggiungerei che il legame al luogo facilita evidentemente il reperimento del singolo volume nelle ricerche per luogo, ma è utile soprattutto con le inferiori dotate di titolo significativo, perché permette ricerche per titolo e luogo, mentre per le inferiori senza titolo significativo l’utilità mi sembra minore.

Questo per quanto riguarda l’antico: per il moderno il legame al luogo non è obbligatorio (anche se è utile), quindi il problema non si pone e si può decidere come si ritiene meglio.

2. Nelle notizie inferiori dell’antico vanno ripetute le dimensioni anche quando sono uguali a quelle date nel livello generale?

Il dubbio deriva dal fatto che la Circolare dell’ICCU sull’applicazione delle REICAT in SBN, a p. 10, dice:

Per la registrazione bibliografica della singola unità (livello II o III) si seguono le norme stabilite dalla Guida SBN. Alcuni elementi già inclusi nella descrizione generale vengono ripetuti nella registrazione bibliografica delle singole unità (in area 1 le indicazioni di responsabilità principale e coordinata, in area 4 il luogo di edizione e l’editore, in area 5 le dimensioni).

però nella Guida del moderno le dimensioni vengono sempre riportate (negli esempi, perché nel testo non ho trovato indicazioni esplicite), mentre in quella dell’antico no. Per contro la circolare elenca le dimensioni tra i dati da ripetere senza particolari previsioni per l’antico.

Abbiamo quindi chiesto chiarimenti all’ICCU, che ha risposto che nella nuova Guida SBN non si prevede di modificare quanto previsto dalla Guida precedente su questo punto, per cui le dimensioni nelle notizie inferiori antiche non vanno riportate se sono uguali a quelle inserite nel livello generale.

Bisogna ricordare a questo proposito che nell’antico non è prevista la descrizione aperta del livello superiore, quindi non può avvenire che ad unica superiore siano legate un gran numero di notizie relative ad edizioni diverse della pubblicazione, con possibili variazioni anche notevoli delle dimensioni.

Spostamento degli spogli

Può essere utile sapere che non è possibile, tramite SbnWeb, spostare uno spoglio da un titolo superiore ad un altro: non si può infatti cancellare il legame al primo titolo e poi creare quello al nuovo titolo.

Di conseguenza, se si lega uno spoglio alla superiore sbagliata l’unica soluzione è cancellarlo e rifarlo.

Per fortuna almeno per quanto riguarda la descrizione questo non è difficile: la descrizione degli spogli è limitata all’area 1, quindi basta un copia e incolla per inserirla nel nuovo bid.

Titoli di natura A e B

Come si sa, attualmente in SBN i titoli uniformi devono essere rappresentati sempre con titoli di natura A, ai quali si attribuirà il livello di autorità appropriato a seconda dei casi, mentre i titoli di natura B (titolo di raggruppamento non controllato) non devono più essere creati.

Ovviamente però esistono molti titoli di natura B creati in passato che anche oggi si possono tranquillamente catturare quando serve (naturalmente se non c’è un titolo A riferito alla stessa opera!).

Questi titoli possono essere facilmente trasformati in titoli A tramite la gestione bibliografica (è l’unico cambiamento di natura titolo possibile; ci sarebbe anche il passaggio da A a B ma evidentemente non deve più essere fatto), anche se non c’è obbligo di fare questa correzione. Può tuttavia succedere di trovare titoli B con livello di autorità elevato che non si possono correggere (ce ne sono persino a livello 95).

Si tratta di errori, perché il titolo B, essendo per definizione un dato non controllato, non doveva avere un livello di autorità superiore al 71 (a margine notiamo che questi errori sono stati necessariamente compiuti da qualcuno che aveva un livello di autorità elevato, e queste cose avrebbe dovuto saperle benissimo), però rimane il fatto che non possiamo correggere noi titoli del genere.

Non è un problema molto grave, perché prima o poi probabilmente ci sarà una bonifica generale dei titoli B, i quali comunque nel frattempo svolgono ugualmente il loro ruolo (sono ricercabili, vanno in opac ecc.).

La cosa più importante però è che a nessun catalogatore deve venire in mente di “sanare” la situazione creando un nuovo titolo di natura A, il quale sarebbe un duplicato che non aggiunge alcuna informazione e finirebbe solo per complicare la correzione del B, aggiungendo ad un errore un altro errore.

Può essere interessante osservare che la distinzione tra titoli A e B era una anomalia nello schema catalografico di SBN, che in generale è invece molto coerente, perché rappresentava una distinzione di autorità tramite diverse nature titolo, quando invece SBN dispone dei livelli di autorità per rappresentare tale informazione: i livelli fino al 71 corrispondono a dati non controllati su fonti esterne, quelli oltre il 71 a dati controllati (anche se in realtà, per maggiore cautela, spesso si usano saggiamente livelli bassi anche se i controlli esterni si fanno).

La Guida infatti prescriveva di inserire i titoli B a livello non superiore al 71 e gli A solo a livello superiore, ma i programmi non imponevano questo vincolo, di qui la presenza di B a livello elevato.

Con il superamento dei B si torna per così dire alla normalità, cioè i titoli A hanno il significato di titolo uniforme e lo stato di controllo è espresso tramite il livello di autorità come avviene per gli altri titoli.

Autori secondari di titoli uniformi

Nei giorni scorsi alcuni hanno sollevato un argomento catalografico interessante, e cioè in quali casi siano previsti autori secondari legati, con legame 3, ai titoli uniformi.
Non è una questione banale, perché moltissimi autori secondari legati al livello della manifestazione hanno responsabilità solo per la manifestazione stessa, per cui sarebbe completamente sbagliato prenderli tutti e legarli senz’altro al titolo uniforme.

Rimangono comunque diversi casi in cui questo tipo di legame è corretto, che sono quelli in cui la responsabilità secondaria si applica all’opera stessa. Senza pretendere di elencarli tutti, possiamo individuarne almeno alcuni:

  • curatori di raccolte di materiale preesistente, che non si configurino come opere totalmente autonome rispetto a tale  materiale
  • autori di parti secondarie di un’opera; ad esempio: chi ha scritto una parte minore del testo, oppure è responsabile di contributi secondari,  purché siano parti integranti dell’opera e non riconducibili ad una determinata edizione; può trattarsi di elementi come illustrazioni, bibliografie o altri materiali supplementari; prefazioni e simili generalmente  non rientrano in questo caso
  • librettisti di opere liriche
  • coautori dell’opera (autori sullo stesso piano) se sono più di tre
  • autori di film (normalmente hanno tutti il legame 3, anche se potrebbe esserci il caso di un autore tanto prevalente da meritare il legame 1, ad esempio per un film o un documentario realizzato interamente in proprio da una sola persona)

Il caso di opere basate su altre opere merita un cenno particolare.

Le REICAT prevederebbero in questi casi un legame tra titoli uniformi, a ognuno dei quali naturalmente sono legati i rispettivi autori, ma poiché SBN per adesso non prevede legami tra titoli uniformi la circolare ICCU del febbraio 2010 sull’applicazione delle REICAT in SBN fa riferimento al seguente passo delle REICAT:

11. Opere nuove connesse a opere preesistenti Si considerano opere nuove, distinte da quelle preesistenti:
a) i rifacimenti o rielaborazioni (parafrasi, compendi, etc.) che, con mutamenti rilevanti di contenuto anche se non di genere, si presentano formalmente come opere nuove, con un titolo differente da quello dell’opera originale o una diversa responsabilità (par. 11.1-11.3);
b) le elaborazioni autonome di temi narrativi o d’altro genere non riconducibili con sicurezza a una singola opera preesistente (par. 11.4);
c) i testi ufficiali connessi o derivati da altri e le opere non ufficiali connesse a testi ufficiali (par. 11.5);
d) le modificazioni che comportano un cambiamento di carattere o genere dell’opera: elaborazioni con funzioni pratiche o didattiche, adattamenti, trasposizioni, etc. (par. 11.6-11.11);
e) i supplementi (o continuazioni, appendici, etc.) di un’opera preesistente, se contraddistinti da un proprio titolo che li identifica (par. 11.12).
Si considerano opere distinte, inoltre, quelle che costituiscono un prodotto compiuto anche se funzionale, complementare o comunque connesso alla realizzazione di un’altra opera di natura diversa (par. 11.13).
Le opere connesse si collegano con richiami reciproci (par. 9.6.2).

e dice

APPLICAZIONE IN SBN:
Il richiamo reciproco tra titoli uniformi di opere connesse tra loro non è attualmente possibile. È stata programmata un’evoluzione del sw.
Nei casi previsti ai punti a), b), c), d) la connessione continuerà ad essere stabilita attraverso il collegamento tra la pubblicazione e l’autore dell’opera preesistente e connessa (intestazione secondaria); nel caso previsto dal punto e) la connessione continuerà ad essere stabilita attraverso il collegamento (codici di collegamento 2, 4)

per cui si deve ancora fare un legame 3 con l’autore dell’opera preesistente. Mi sembra però una svista il riferimento al punto b della citazione dalle REICAT perché se l’elaborazione non è riconducibile con sicurezza ad un’opera preesistente o non si sa quale autore sia da legare oppure, se la derivazione fosse comunque da opere di un autore ben determinato (come in alcuni romanzi contemporanei che hanno per protagonista Sherlock Holmes ma contengono storie nuove e non rielborazioni di qualche opera di Conan Doyle), il legame rischierebbe di propagarsi a troppe opere: per esempio, tutte le opere che fanno riferimento ai cosiddetti miti di Chtulhu di Lovecraft dovrebbero avere un’intestazione a Lovecraft, cosa che mi pare decisamente eccessiva.

È palese che il rapporto tra le opere deve essere chiaro (non derivante da interpretazioni critiche che possono essere oggetto di discussione tra gli esperti) e diretto, per cui non deve trattarsi solo di somiglianze e riferimenti più o meno immediati. Non si considera derivata dal Signore degli Anelli ogni opera di fantasy in cui ci sia qualcuno che cerca di recuperare oggetti magici per sconfiggere il male, né il Signore degli Anelli si considera un’opera derivata dall’Anello del Nibelungo di Wagner, anche se in qualche situazione ci sono delle analogie. Oppure: le Nozze di Figaro di Mozart derivano dalle Nozze di Figaro di Beaumarchais (si tratta di una commedia), ma il Barbiere di Siviglia di Rossini non è un’opera derivata dalle Nozze di Figaro di Mozart, anche se i personaggi sono gli stessi.

La circolare non approfondisce ulteriormente, ma ci sono alcuni casi su cui è utile riflettere con l’aiuto del buon senso, ad esempio:

  • se l’opera di base ha più autori, quali si collegano all’opera derivata? secondo me sarebbe sufficiente l’autore principale o al massimo gli autori coordinati
  • come ci si comporta se c’è una derivazione indiretta (l’opera C deriva dall’opera B che a sua volta deriva dall’opera A)? per non eccedere nei legami, a me pare che non sia il caso di riportare tutti gli autori di tutti i precedenti, ma che convenga basarsi o sull’antecedente immediato o sull’opera originaria, a seconda di quella che ha maggiore influenza sull’opera da trattare (in caso di dubbio sceglierei l’antecedente immediato)

Le opere basate su altre sono particolarmente frequenti nella musica, e qui la Guida alla catalogazione della musica in SBN (paragrafo 3.4 pagina 320) prevede  che si assegni

all’autore della composizione originaria il codice di responsabilità 3 e il codice di relazione 235 (compositore della musica parafrasata)

Questa Guida è successiva alle REICAT quindi è da ritenere che, a meno di successive modifiche, intenda comunque mantenere il legame all’autore della musica parafrasata anche indipendentemente dai legami tra titoli uniformi.

Tutti i catalogatori che leggono sono invitati a comunicarci eventuali osservazioni.